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Introduzione
Da molti anni a
questa parte la hit parade delle vendite recita: 1° Honda Hornet.
Solo ultimamente la Yamaha FZ6 è riuscita nell’impresa di
spodestare dal trono il “calabrone” Honda.
Ad Hamamatsu, sede della Suzuki, devono essersi stufati di leggere
quei nomi in vetta a tale classifica e si sono rimboccati le
maniche per tentare di scalarla. Inutile dire che l’Italia è uno
dei mercati più importanti per le moto in genere, ma lo è
specialmente per la categoria naked, che generalmente unisce una
guidabiltà di buon livello, la sfruttabilità nell’uso quotidiano e
una linea alla moda da sfoggiare davanti agli amici del bar
all’ora dell’aperitivo. Suzuki era già presente su questa fetta di
mercato con la SV 650, ma la “diversità” di un motore
bicilindrico, precludeva le possibilità di un confronto alla pari
vero e proprio.
E allora, alla luce della nascita della nuova e corsaiola GSX-R
600 K6, che farne dei motori seicento dei modelli K5? Potevano
forse lasciarli marcire in magazzino? Certo che no, consapevoli
che non c’è ricetta migliore per una naked se non prendere un
motore del modello più sportivo precedente, rimapparne la
centralina, adeguarne i rapporti per adattarlo ad una guida più
rilassata ed infilare il tutto in una ciclistica agile. Come
dessert definire le linee che faranno la moto più “trendy” del
momento, ed il piatto è servito!
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Descrizione
A questo punto, a mio avviso, si può giudicare la moto nelle sue
varie parti. Nel caso della GSR, manca una certa fluidità nel
design. L’occhio non riesce a scorrere filante lungo il fianco
della moto senza doversi soffermare più volte su particolari a mio
parere discutibili, tipo l’eccesso nell’uso di plastiche, nel
pezzo che continua anteriormente il serbatoio e che supporta le
frecce davanti, in tutta la parte sotto la sella e nel solito
portatarga alla “jap”, che comprende anche le non bellissime
frecce posteriori in modalità “camion”. Da lode invece l’impegno
profuso nello studio della vista posteriore (sempre che decidiate
di cambiare le frecce con un paio molto più piccolo), dove il
motivo dominante è l’elemento circolare, che si ripete nel doppio
faro e nella forma dei terminali di scarico. Il codone dona quindi
alla moto quella personalità che si perde nella vista laterale del
tratto sotto al serbatoio, ma che ritroviamo nel frontale con un
faro leggermente riprofilato (rispetto al solito cerchio perfetto
tipo Monster), che può ricordare quello della FZ6 e della Brutale.
Un gran bel voto va alla strumentazione, davvero la migliore mai
vista su una naked di questa fascia. Completa, bella e ben
leggibile, offre tutto quello che serve e anche di più: al centro
spicca il contagiri analogico dalla immediata lettura, mentre ai
lati su due bei display multifunzione si possono ottenere
informazioni utili come la velocità, la marcia inserita, la
temperatura dell’acqua, il livello della benzina, trip totale e
parziale, orologio e varie spie led.
Anche l’iniezione è degna di nota, poiché è stato utilizzato
l’impianto SDTV (Suzuki Dual Throttle Valve) con corpi farfallati
da 38 mm con doppio iniettore, uno comandato dalla manopola del
gas e uno dalla centralina in base a vari parametri come numero di
giri e rapporto inserito, per linearizzare l’erogazione e
riempirla ai bassi regimi. La lista di soluzioni tecniche è roba
da far invidia ad un’auto tedesca: i pistoni sono in lega
d’alluminio SSC e scorrono in 4 cilindri realizzati mediante
tecnica SCEM (Suzuki Composite Electrochemical Material) che
riduce i giochi e migliora la trasmissione del calore. C’è poi il
sistema PAIR che inietta aria fresca nei condotti di scarico
abbattendo le emissioni nocive e il dispositivo AFIS che facilita
le partenze a freddo. Il risultato sono 98 cavalli a 12.000 giri
con una coppia massima di 64,7 Nm a 9.600 giri.
Secondo me la leadership di Honda è minacciata, perchè la GSR è
proposta al pubblico a 7095 euro (400 in meno della Hornet), ma è
costruita in modo “meno economico” e offre molto di più, a partire
da un telaio vero a doppio trave in alluminio, contro una trave a
scomparsa col motore appeso della Hornet, per finire con un
possente forcellone in alluminio pressofuso e con una vistosa
capriata di rinforzo che non avrebbe sfigurato su una
supersportiva di 3 anni fa. Inoltre le sospensioni Kayaba sono
regolabili, davanti nel precarico e dietro sia nel precarico che
nell’estensione. Concorrenti dirette capaci di offrire altrettanto
non ce ne sono. Di tutto rispetto anche l’impianto frenante
firmato Tokico e adottato a suo tempo dalla GSX-R 750, con una
coppia di dischi anteriori da 310 mm e uno posteriore da 240 mm.
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Su
strada
Salendo sulla moto si percepisce subito la morbidezza della sella,
sagomata in modo ergonomico e posta non molto distante da terra
per rendere il mezzo amichevole nel misto-lento ed in città.
Avviato il motore la prima sorpresa è il sound dei due terminali,
alquanto sportivo e dal volume più alto della media. L’erogazione
è quella tipica di un quattro cilindri seicento, un po’ vuota ai
bassi in senso assoluto, ma meglio in fatto di coppia
relativamente alla concorrenza. Sorprende per pulizia e dolcezza
fin dai 2000 giri e cresce fino a diventare brillante oltre gli
8000 giri, dove si verifica un improvviso aumento del tono di
scarico 4 in 1 in 2, che si trasforma in un appagante ululato fino
all’intervento del limitatore a 14000 giri. Ottima comunque la
fluidità con cui avviene il tutto nel passaggio dai bassi agli
alti regimi, quando si sfrutta tutto il motore con partenza da
fermo. Un peccato, invece, la presenza di un leggero effetto
on-off che rende un po’ ruvida l’andatura nel misto, dove l’apri
chiudi del gas si utilizza spesso. Si può ovviare a questo con il
solito “trucchetto” di puntare il gas in ingresso curva e
percorrerla con un filo di gas, evitando la completa chiusura
della manopola, ma è una tecnica che non tutti conoscono,
soprattutto i novellini, che di solito si dirigono proprio su moto
di questo segmento per iniziare la loro vita motociclistica. I più
smaliziati, invece, saranno felici di cimentarsi in qualche bel
monoruota, possibile anche in seconda con un colpo di frizione, a
testimonianza della buona potenza del motore della vecchia
“Gixxer” e della scelta furba fatta da Suzuki in tema di rapporti,
con le prime 4 marce accorciate rispetto alla sorella sportiva e
5a e 6a invariate. La casa dalla grande S non si smentisce nemmeno
in materia di cambio, equipaggiando la GSR con la solita unità dal
comando morbido come il burro, ben manovrabile e dagli innesti
precisi.
La GSR si guida bene negli ambiti per cui è stata pensata. Nel
misto stretto il comportamento dinamico è davvero efficace, e la
moto si lascia condurre con fluidità in ingresso curva e nei cambi
di direzione, dando la confidenza necessaria per pieghe di tutto
rispetto già dopo pochi chilometri di guida, grazie anche alle
buone coperture di serie Bridgestone BT014. Il telaio dal grande
bilanciamento sembra intuire quello che si vuole fare e asseconda
i desideri del pilota, regalando una sensazione di sincerità e di
consapevolezza di ciò che sta accadendo tra ruote e asfalto.
Specialmente per una naked, pensata per un target non sempre
specializzato, la comunicatività tra mezzo e uomo è un aspetto
imprescindibile, e GSR ha in questo un notevole punto di forza.
Forcella e monoammortizzatore viaggiano sulla stessa lunghezza
d’onda, e funzionano bene così come sono, richiedendo solo un po’
di precarico in più nella guida al limite.
Potenti e modulabili anche i freni: mordono al punto giusto e
resistono sulla distanza nonostante i soliti tubi in gomma sempre
alla “jap”, coadiuvati dalla forcella poco cedevole che conferisce
solidità a tutto l’avantreno e dal posteriore che tiene bene e non
cede alla tentazione di bloccaggi.
Al capitolo comfort siamo a livello delle altre naked, nel senso
che, a parte l’agevolazione permessa dalla sella bassa e dalle
pedane in gomma antivibrazione, attorno ai 130 km/h si avvertono
delle risonanze al manubrio causate dalla nulla protezione
aerodinamica, che compromettono un po’ la stabilità nei tratti
veloci, fenomeno comune a tutte le scarenate comunque. Urge
cupolino aftermarket...! Chi se la passa bene è il passeggero,
accomodato su una sella ben
imbottita e con le gambe “distese”
grazie alle pedane posteriori basse.
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Conclusioni
Alla resa dei conti la GSR si dimostra una moto facile e davvero
gratificante nella guida disinvolta, dotata di un ottimo rapporto
qualità prezzo e con tutte le carte in regola per puntare al
titolo di “Regina del mercato”. |
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