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Regolare bene le sospensioni e’ una delle operazioni più
complesse a cui un neofita può andare incontro.
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SAG statico |
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Offset |
L’Offset è invece tutt’altra cosa. Qui
parliamo solo di sospensione anteriore anzi di supporti della sospensione
anteriore. La questione si è fatta evidente da quando è arrivata sul
mercato una vera e propria invasione di offerte per piastre di sterzo
aftermarket delle quali gli appassionati sembra proprio non possano fare a
meno. Avere le piastre ricavate dal pieno e anodizzate nel colore
preferito è diventato ormai un must.
Quasi tutti i produttori di queste piastre offrono però la possibilità di
personalizzare l’assetto grazie alla variazione dell’Offset di questi
accessori. Ma che significa, quali sono i vantaggi.
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Il Precarico |
Il precarico è la forza con cui viene compressa la molla in condizioni di riposo; per la forcella si regola con i dadi posti sulla sommità degli steli, per il mono ammortizzatore con la ghiera posta sopra la molla. Generalmente aumentando il precarico la sospensione sembra diventare più “dura”, questo perché per far comprimere la molla è necessaria una forza maggiore del precarico (la cosa diventa intuitiva provando con una molla di una penna), in questo modo si fa una “selezione” degli urti che la sospensione sarà in grado di assorbire. A me piace affermare che “modificando il precarico si modifica il range di utilizzo della sospensione”. Sì, perché la sospensione ha un’escursione massima (generalmente 120-130mm) entro la quale deve lavorare: se il precarico è basso, con un urto modesto si arriverà facilmente al finecorsa; con un precarico troppo elevato, anche sotto grandi sollecitazioni, non si riuscirà a sfruttare tutta la corsa (e quindi l’assorbimento) disponibile.
La relazione che sussiste tra forza F che viene applicata alla sospensione e lo spostamento E che essa subisce si può semplificare con la nota formula: F = P + (k*E) , dove P è il precarico, e k è la costante elastica della molla (in pratica, un indice sulla sua rigidezza). Nel grafico si può vedere l’andamento della funzione F = P + (k*E) che corrisponde alla curva di compressione semplificata di una sospensione a molla: in giallo abbiamo la molla senza precarico, in rosso, la stessa, precaricata di P . Si nota che sotto l’azione di una forza F , la molla con precarico si sposta fino a E1, mentre quella senza precarico si sposta fino ad E2 andando a lavorare molto più vicino alla massima escursione consentita. Inoltre dalla formula si evince che se F = P il termine (k*E) deve essere pari a zero. Questo dimostra quanto detto prima e cioè che la sospensione si sposta solo se la forza applicata è maggiore del precarico della molla. Nella realtà la curva non ha questo andamento rettilineo perché oltre al contributo della molla bisogna aggiungere quello del volume di aria che c’è all’interno dello stelo della forcella e che funziona come molla pneumatica (la cui curva può essere rappresentata da un’ esponenziale) in serie alla molla “meccanica”. Per il mono, invece, bisogna considerare anche il contributo del gas in pressione che comprimendosi, compensa l’aumento del volume dovuto al rientro dello stelo nel corpo dell’ ammortizzatore. Il precarico serve anche per variare il SAG delle sospensioni. Il SAG corrisponde alla differenza tra l’escursione massima della sospensione e l’escursione effettiva quando si è in sella; più semplicemente indica di quanto si abbassa la moto sotto il suo peso e quello del pilota. Dallo schema precedente diventa intuitivo che con un precarico elevato, il sag sarà ridotto, e viceversa. Generalmente viene consigliato per la forcella un sag compreso tra il 17-25% dell’escursione, mentre al posteriore attorno al 6-12%. Questi sono valori puramente indicativi dato che il sag è una conseguenza di ben precise scelte nell’assetto della moto, infatti variando il sag si può caricare più o meno un asse del veicolo con dirette conseguenze sulla guida: con molto sag all’anteriore, questo risulterà più basso e quindi verrà ridotta l’avancorsa rendendo la moto più agile, la stessa cosa può essere ottenuta diminuendo il sag al posteriore (quindi aumentando il precarico). Inoltre si intuisce che una modifica su uno dei due assi si ripercuote anche sull’altro: “più carico all’anteriore” significa che questo lavorerà sotto una forza maggiore! Personalmente consiglierei di variare il carico sugli assi agendo sull’interasse del mono o sfilando le forcelle, lasciando il sag ottimale per il funzionamento della sospensione. Il sag viene anche detto “negativo” perché, in ordine di marcia, rappresenta una corsa negativa, cioè che permette alla sospensione di estendersi nel caso (per esempio) debba copiare un avvallamento del terreno. Per capire l’utilità del negativo bisogna immaginare la moto con le ruote attaccate al terreno e il resto (telaio,motore,pilota) “sospeso” sulle sospensioni, come se galleggiasse. In staccata la forcella si comprime e, di conseguenza, la sospensione posteriore si estende (dato che le ruote devono restare a contatto col terreno), è facile capire che se al posteriore non c’è sufficiente negativo la ruota tenderà a staccarsi da terra, con ovvie ripercussioni sulla stabilità; una cosa simile avviene in accelerazione: se la forcella non ha sufficiente negativo, appena la moto comincia a caricarsi dietro, la ruota si staccherà da terra con probabili “sbacchettate”. Ora avrete capito che la scelta del precarico è il frutto di un compromesso tra: a. Range di utilizzo della sospensione b. Escursione “negativa” c. Bilanciamento del mezzo Spesso, se non si vuole intervenire modificando le molle, si dovrà sacrificare una di queste variabili per ottenere il risultato desiderato. |
Frenatura in Estensione |
Se la sospensione fosse composta solo dalla molla, questa reagirebbe ad un urto con la stessa forza e velocità con cui è stata sollecitata, per disperdere l’energia che accumula la molla durante la sua compressione, si utilizza un cilindro pieno di olio con al suo interno un pistone con dei fori calibrati attraverso i quali fluirà l’olio che, per effetto della sua viscosità, convertirà il lavoro della molla in attrito e quindi calore. In questo modo la sospensione si estende in maniera controllata garantendo il contatto ruota-asfalto. Tramite il registro della frenatura in estensione, si varia l’area di passaggio dei fori calibrati ottenendo un ritorno più o meno veloce. Immaginiamo la ruota posteriore che passa sopra un ostacolo come un tombino sporgente: all’inizio la sospensione si comprimerà fino a quando la ruota sarà sopra l’ostacolo, poi comincerà ad estendersi: se la velocità di estensione è troppo elevata la ruota verrà spinta violentemente contro il terreno e tenderà a rimbalzare facendo sollevare il posteriore; ma se è troppo bassa, la ruota resterà staccata dal terreno anche quando ha già superato l’ostacolo. La frenatura dell’estensione ideale è quella che consente alla ruota di seguire perfettamente il profilo dell’ostacolo. Dal punto di vista dinamico, il freno in estensione deve “assistere” l’estensione della sospensione in modo che non si creino variazioni di assetto tali da disturbare la guida e allo stesso tempo deve garantire il carico necessario per avere grip dalle gomme. In linea di massima si può dire che minore è la frenatura e maggiore è il carico sulla ruota (ovviamente entro i limiti di una corretta taratura), ma sarà anche maggiore la velocità con cui si estende la sospensione. Sempre prendendo come esempio la fase di staccata: se al posteriore il freno è troppo elevato, la ruota non ha carico (dato dall’estensione della molla) per restare a contatto col terreno e tenderà a saltellare o scivolare. Questo ha una diretta conseguenza sul modo di lavorare dei pneumatici; il grip è dato dalla forza che agisce sulla gomma moltiplicato il coefficiente d’attrito che questa genera grazie alle micro deformazioni elastiche dovute alla “rugosità” dell’asfalto. Se si vuole ottenere un certo valore di grip si devono sfruttare le due componenti che lo generano: il carico sulla gomma e l’attrito di questa; se manca il carico, il grip è affidato alla sola aderenza della gomma che subirà delle deformazioni non più prevalentemente elastiche, ma plastiche con conseguente deterioramento del battistrada. Un'altra situazione influenzata dal freno in estensione è la risalita dalla piega: quando si è inclinati, per effetto della forza centrifuga, le sospensioni sono più compresse del normale (vedi importanza precarico!), man mano che si raddrizzerà la moto, queste tenderanno ad estendersi, agevolando la manovra: se il freno è troppo elevato, la moto si raddrizzerà a fatica; se è troppo basso, tenderà a salire bruscamente disturbando la guida in particolar modo nell’affrontare i cambi di direzione repentini come le chicane. Da queste osservazioni si intuisce che nella maggior parte dei casi è meglio avere una frenatura in estensione un po’ bassa che una troppo elevata. Personalmente consiglio di partire con il registro in compressione quasi completamente aperto (in modo da sentire solamente l’effetto dell’estensione) e quello in estensione aperto, poi si comincerà a chiudere quest’ultimo finchè non appariranno i primi problemi: questo sarà il limite oltre il quale non andare.
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Frenatura in compressione |
Il freno in compressione funziona con lo stesso principio del freno in estensione, ma ovviamente i passaggi per l’olio non saranno gli stessi. La sua funzione è quella di assistere la molla nella sua compressione in modo da non creare variazioni d’assetto che possano disturbare la precisione di guida; se non ci fosse la frenatura in compressione, appena si toccherebbero i freni, la forcella si comprimerebbe quasi istantaneamente provocando una brusca variazione di assetto della moto. Come per l’estensione, anche la frenatura in compressione ha delle dirette conseguenze sull’equilibrio dinamico: precedentemente si è detto che quando la moto comincia ad inclinarsi, la forza centrifuga imprime una forza supplementare che fa comprimere le sospensioni, se si ostacola questo loro movimento frenando la compressione, si avrà come conseguenza diretta che la moto risulterà più lenta nella discesa in piega; il fenomeno si avvertirà particolarmente chiudendo la compressione della forcella, dato che rallentando la velocità di affondamento, si ostacola la conseguente riduzione dell’avancorsa. In uscita di curva, quando si inizia ad aprire il gas, la moto tenderà a trasferire il carico al posteriore, se il freno in compressione sarà inesistente, la variazione del carico verrà assorbita dalla compressione della molla creando evidenti variazioni di assetto, se invece la frenatura è troppo elevata, il trasferimento del carico verrà trasmesso direttamente alla gomma posteriore che, probabilmente, reagirà con repentine perdite di aderenza. Da qui si intuisce che un maggiore freno in compressione aumenta il carico sul pneumatico nei transitori (quando si passa da uno stato di equilibrio –in rettilineo- a un altro –in curva- o viceversa) perché le variazioni di carico non vengono assorbite istantaneamente dalla molla, ma in parte, contribuiscono ad aumentare la forza che grava sui pneumatici. Bisogna però porre molta attenzione sul fatto che, se da una parte ostacolando leggermente il trasferimento dei carichi si ha una maggiore forza che grava sui pneumatici, ostacolando troppo questa variazione di assetto, si ha il risultato completamente opposto ritrovandosi con una moto che tende a derapare appena si tocca il gas a centro curva (un po’ come se si avesse troppo precarico). Queste che avete letto sono considerazioni suggeritemi dalle esperienze fatte con la mia moto usata prevalentemente su strada, quindi con limitazioni dovute: al grip dell’asfalto, alla necessità di un certo assorbimento delle frequenti asperità del manto stradale, all’andatura imposta da fattori esterni come visibilità, conoscenza della strada, ecc. La mia poca esperienza in pista, mi ha fatto intuire che probabilmente in quell’ambito si avranno necessità leggermente diverse da quelle elencate qui sopra (ad esempio l’assorbimento delle asperità), sarà quindi necessaria una appropriata “selezione” delle informazioni fornite.
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Regolazione |
Una corretta taratura delle sospensioni è
fondamentale per godere di tutto il piacere che può dare la guida di una
moto.
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Risoluzione dei problemi... |
PROBLEMA A> La ruota
anteriore "vibra" quando si affronta una curva; la vibrazione smette non
appena lasciate i freni o quando iniziate ad aprire il gas. Nella maggior
parte dei casi questo è dovuto ad un sovraccarico del pneumatico anteriore
e la forcella lavora nella parte terminale della corsa o addirittura
arriva al fondo corsa.
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Thank's to supermotarditalia.com |